Réddite quae sunt Caésaris Caésari et quae sunt Dei Deo (Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio – Gesù Cristo.
Cara/o tu che mi leggi,
anche oggi ho un racconto di vita vissuta che vorrei condividere con te, per avere qualche altro punto di vista sull’argomento. Ecco cosa è successo: stamattina stavo prendendo un caffè in un bar, e si parlava del fatto che ormai sul giornale quando una donna viene ammazzata si parla subito di “femminicidio”.
Ovviamente si sono venute a creare subito due fazioni: chi diceva che in fin dei conti è sempre un omicidio, chi invece si metteva a sostenere che utilizzando una parola specifica si dà maggiore risonanza al fenomeno.
Io da parte mia, non volendo entrare nel merito della questione, mi sono limitato a fare una battuta, dicendo che alla fine anche io vengo etichettato come “disabile”, ma che in realtà sarebbe meglio che mi definissero handicappato.
Santi Numi, dirai tu (e hanno detto loro, tutti sconvolti): che volgarità! Ma non lo sai che questa parola non si usa?! È inopportuna, offensiva, discriminatoria. Si è fatto tanto per cambiare il registro linguistico, e ora tu butteresti tutto all’aria così?
Sì, cara/o mia/o: vorrei proprio buttare all’aria questo modo di fare pietistico e accondiscendente che la società spesso esprime nei confronti di chi presenta caratteristiche fisiche diverse dai normodotati. E vuoi sapere perché?
Perché spesso, dietro alla parola “disabile” c’è molta più discriminazione che non alla base del concetto di handicappato. Non mi credi? E allora te la metto dal punto di vista linguistico: perché sono fermamente convinto che le parole creano la realtà. E quindi, a seconda dei termini che utilizziamo, siamo in grado di rendere il mondo che ci circonda più o meno autentico, a seconda delle nostre egoistiche necessità.
L’handicap secondo il vocabolario
E dunque, per dar seguito a questo viaggio al centro della lingua, voglio esprimere il mio punto di vista basandomi sul significato dei singoli termini.
Pare che handicap – come sicuramente saprai, ma meglio partire dal principio – sia un termine inglese che può essere tradotto come “svantaggio” se lo si considera un sostantivo. Se invece prendiamo la forma verbale transitiva to handicap, abbiamo i significati “ostacolare, intralciare”.
Quindi a questo punto, possiamo affermare con certezza che l’handicappato è quell’individuo che è in qualche modo svantaggiato. Qualcuno che, per cause esterne alla propria volontà, è ostacolato, intralciato nel fare qualcosa.
Di più, possiamo anche fare ricorso all’eminente definizione di handicappato data dalla Treccani nel Vocabolario online: te la riporto qui sotto senza tutte quelle abbreviazioni tipo agg., fig. part. pass. e via andando, ché mi sembra di leggere un SMS agli inizi degli anni Duemila.
handicappato:
1. In senso proprio, di partecipante a una gara (atleta o animale) messo in condizione di handicap. In senso figurato, di chi si trova in una situazione di svantaggio, d’inferiorità, sia rispetto ad altri sia rispetto alle proprie aspirazioni.
2. Che, o chi, per le condizioni fisiche o psichiche, ha difficoltà, anche gravi, ad adattarsi all’ambiente circostante, venendo quindi a trovarsi in condizioni di minore validità, o di svantaggio, o addirittura d’ingiusta emarginazione, nella società. Oggi si preferisce usare il sinonimo disabile.
Bene. Niente di nuovo dirai tu: non è che hai scoperto l’acqua calda, ti sei limitato a copiare e incollare un testo. Sì, è vero. Ma ora che ci facciamo con questa definizione? Te lo dico subito: la analizziamo, e vediamo quanto in realtà basta cambiare punto di vista per modificare quello che ci circonda.
L’handicap secondo un altro dizionario
Se ho imparato una cosa nella vita, è ad andare oltre. In qualsiasi occasione, pur rischiando di farmi male: fisicamente e moralmente. Ma non è questo il punto. La questione è: cosa posso scoprire se faccio sempre le stesse cose? Niente, perché tutto quello che faccio già lo conosco.
E allora, anche in questo caso: perché non andare oltre? E pensa che stavolta il modo per superare il limite non è né pericoloso, né spericolato. Cosa fare per trovare altri punti di vista sul termine handicappato? Semplice: cambiare dizionario.
E quindi, invece di soffermarmi sul lemma del vocabolario, mi sono andato a pescare il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari (sempre della Treccani: gli animali mi sono sempre piaciuti). Sempre di lingua italiana si tratta, no?
Beh, devo dire che questo passaggio mi ha dato molto gusto. Guarda un po’ qui:
Handicappato – Sinonimi: penalizzato, sfavorito, svantaggiato. Contrari: aiutato, avvantaggiato, favorito.
Ostacolare – Sinonimi: sabotare. Contrari: agevolare, aiutare, appoggiare, favorire, incoraggiare, sostenere
Intralciare – Sinonimi: bloccare, impedire. Contrari: agevolare, aiutare, facilitare, favorire.
Ad ogni sinonimo, corrisponde almeno un contrario. Per ogni accezione negativa, ne esiste una positiva. “Per ogni giù c’è sempre un su. Per ogni men c’è sempre un più” cantava Semola, il futuro Re Artù nel cartone animato della Disney La Spada nella Roccia. E pure lui, in quanto a handicap sociale, ne aveva molte da raccontare: ma Semola aveva Mago Merlino dalla sua parte, che lo “agevolava, aiutava” nel suo percorso verso la corona d’Inghilterra. E che gli insegnava anche canzonette motivazionali niente male.
E quindi, voglio essere un po’ il Mago Merlino della situazione, e provare a vedere se si riesce a trovare il lato positivo. Perché capovolgere la condizione di handicappato è possibile: basta capovolgere il punto di vista. O cambiare dizionario.
L’handicap secondo me
A questo punto però, visto che ti ho detto che avrei analizzato la definizione della Treccani, arrivo fino alla fine. Fino al punto in cui dice “Oggi si preferisce usare il sinonimo disabile”.
Si preferisce. Chi lo preferisce? Io no. Manco per niente. E vuoi sapere perché?
Perché disabile vuol dire “non abile” e il suo contrario è “sano, abile”. A differenza dei contrari di handicappato, questi due termini sono impossibili da capovolgere (umanamente parlando) senza l’aiuto di un miracolo. Perché io non potrò mai diventare sano: l’Osteogenesi Imperfetta non si cura.
Va bene, dirai tu, però al posto di handicappato si usa anche “diversamente abile”. Peggio mi sento! Quindi mi stai dicendo che io sono “abile” a fare qualcosa, ma in modo diverso? Cioè, ragioniamo un secondo: mi stai dicendo che può esistere un giocoliere abile, nel senso che è bravissimo, e un giocoliere diversamente abile, nel senso che è bravo ma non bravissimo?
Ma che roba è questa? Io non voglio essere messo nella categoria dei “dis-abili”, perché è un termine che indica una condizione di svantaggio permanente e totale. E a me questa condizione non appartiene.
Preferisco essere classificato, etichettato, definito handicappato, perché posso mutare la mia condizione, ho la possibilità di ribaltare questa condizione, ed essere agevolato nel migliorare alcuni aspetti della mia vita. Ma attenzione: agevolato non vuol dire “aiutato ciecamente”. Le persone non hanno bisogno di aiuti o pietismi, ma solo di una opportunità.
Proprio come Mago Merlino aiutava Semola a vedere il mondo da un altro punto di vista, così anche tutti noi dovremmo prenderci la responsabilità di essere gli uni il Mago Merlino dell’altro. Cambiare il modo in cui il mondo parla di noi è possibile. E farlo insieme è ancora più esaltante.
A presto!
Fabiano