Resistere significa semplicemente tirare fuori i coglioni, e meno sono le chance più dolce è la vittoria – Charles Bukowski
Cara/o tu che mi leggi,
oggi vorrei approfittare di questo nostro angoletto di condivisione per rispondere ad un’altra delle domande che mi sono state poste da Annalisa, la tizia di cui ti ho già parlato in precedenza.
Immaginate la scena: siamo durante una delle nostre riunioni, seduti al tavolo di lavoro per discutere alcuni dettagli della campagna di Crowdfunding che stiamo portando avanti per stampare il libro O.I. – L’arte in una frattura e organizzare la mostra delle opere.
Ve le farei vedere, le nostre riunioni: un tripudio di mappe concettuali e appunti. Lavagne cariche di idee, figlie di brain storming appassionati. Computer che sputano continuamente progetti revisionati, proiettati estemporaneamente su schermi da 52 pollici. Il tutto accompagnato da tè, caffè, biscotti e cioccolatini. Perché anche la pancia vuole la sua parte.
E dunque, nella fluida atmosfera del momento creativo, quando il caos sgomita per mantenere la sua posizione di legittima predominanza rispetto alla sistematicità, arriva a bruciapelo una delle domande di Annalisa: Fab – mi chiede – ma tu cosa ne pensi delle pari opportunità?
La guardo un po’ colto di sorpresa, come sempre quando se ne esce così dal nulla. Mi fermo e non dico nulla. Lei allora capisce immediatamente: per avere una risposta più interessante, avrebbe dovuto farmi una domanda più pungente. Avrebbe dovuto affondare il colpo.
Fab, cos’è per te un’opportunità?
Questa sì che mi piace come domanda, le rispondo. E dopo aver battibeccato per scherzo sul fatto che spesso “Me la canto e me la suono”, iniziamo una conversazione al limite del filosofico su cosa voglia dire avere, ricevere, dare un’opportunità a qualcuno o a qualcosa. Le nostre riunioni sono anche questo.
Quando penso al concetto di “opportunità”, mi vengono subito in mente due detti popolari: “aiutati che Dio ti aiuta” e “chi fa da sé, fa per tre”. Curioso, forse dirai. Di solito si pensa all’opportunità come qualcosa che ti viene data, e non come qualcosa che ti vai a prendere.
Per me invece è proprio così: per me le opportunità dobbiamo crearcele, senza aspettare la cosiddetta “manna dal cielo”, senza attendere che qualcuno ci conceda qualcosa. Dobbiamo lottare per ciò che desideriamo, per fare in modo che tutto possa essere alla nostra portata.
Fab, perché capovolgi sempre il punto di vista?
Dopo aver ricevuto questa risposta, è stata Annalisa a rimanere in silenzio, pensosa. Sapevo che stava ripartire alla carica, e quindi ho aspettato. E dopo qualche secondo ha affondato il secondo colpo: Fab, ma da dove ti viene questa fissazione per ribaltare sempre le risposte?
Sonora risata da parte mia, ma risposta diretta: dagli insegnamenti che ho sempre ricevuto. Vedi, fu mio padre a insegnarmi che un’opportunità va creata, e non aspettata o accolta. “Fabiano” mi diceva “tu non devi aspettare gli altri per avere delle cose, se veramente la vuoi una qualsiasi cosa, vai e prendila o fai in modo di averla”.
E non è che queste fossero solo parole: ma anche e soprattutto fatti. Una volta ad esempio, ricordo che gli corsi incontro piangendo, lamentandomi e piagnucolando perché… boh, non mi ricordo il perché. Ero piuttosto piccolo, ma ricordo perfettamente quello che mi disse: “Prima smetti di piangere. Lo sai che non devi mai arrivare da me piangendo. Perché non mi fai pena”.
Et voilà: fu allora che capii che qualsiasi cosa io avessi voluto, non avrei mai dovuto chiederla piangendo, soprattutto davanti a mio padre. A dire la verità, non avrei proprio dovuto chiederla: dovevo solo alzare il culo, usare il cervello e inventarmi un modo per averla.
Fab, ma quindi è tuo padre che ti ha insegnato a capovolgere sempre il punto di vista?
Probabile. Ma so per certo che fu mio padre a farmi capire, con le sue azioni e i suoi insegnamenti, che non avrei mai dovuto sentirmi inferiore a nessuno.
E nemmeno privilegiato.
Mio padre non ha mai fatto differenza tra i miei fratelli e me: se loro prendevano uno schiaffo, lo prendevo anche io se lo meritavo (e senza esclusione di colpi, aggiungerei).
Inutile dire che quando nacqui, mio padre si sentì in colpa: succede sempre ai genitori con figli cha nascono con un handicap grave. Le più colpite da questo senso di colpa in genere sono le mamme: forse perché è dentro di loro che tutto si crea.
Ma nonostante il dispiacere e il senso di colpa, mio padre fece un giuramento: promise a me e a se stesso che avrebbe fatto di tutto per farmi diventare un uomo indipendente. Ovviamente io non ricordo nulla, ero appena nato.
Devo dirti papà che ci sei riuscito alla grande.
Sono cresciuto con la convinzione acquisita che le opportunità vanno costruite prima di tutto dentro di sé. Solo in seguito si può chiedere di averne una. E se non te la danno? Alza il culo e vattela a prendere. E non dimenticare di dimostrare di essere il migliore.
Dopo tutte queste chiacchiere, Annalisa ha smesso di fare domande. Abbiamo quindi proseguito la riunione, e siamo tornati a parlare della campagna di Crowdfunding. Tu hai già dato un’occhiata alla nostra pagina progetto su Produzioni dal Basso?
Fammi sapere cosa ne pensi!
A presto!
Fabiano